La storia di Pakhshan Azizi, l’attivista curda condannata a morte in Iran per aver aiutato donne e bambini sfollati

Si trova a Evin, nello stesso carcere in cui si trovava Cecilia Sala, in cui si trova Narges Mohammadi e ancora molte, troppe, altre donne e dissidenti politici. Lei è Pakhshan Azizi, attivista curda e assistente sociale iraniana e il suo destino è già tragicamente scritto. Già perché, condannata a morte a giugno 2024, ritenuta colpevole...

Gen 14, 2025 - 16:00
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La storia di Pakhshan Azizi, l’attivista curda condannata a morte in Iran per aver aiutato donne e bambini sfollati

Si trova a Evin, nello stesso carcere in cui si trovava Cecilia Sala, in cui si trova Narges Mohammadi e ancora molte, troppe, altre donne e dissidenti politici. Lei è Pakhshan Azizi, attivista curda e assistente sociale iraniana e il suo destino è già tragicamente scritto.

Già perché, condannata a morte a giugno 2024, ritenuta colpevole di “ribellione” dopo l’arresto nel 2023, ora rischia l’esecuzione in Iran dopo che la sua condanna a morte è stata confermata dalla Corte Suprema iraniana.

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L’ennesimo caso in cui, insomma si perpetua una forte repressione delle minoranze etniche e politiche, in particolare proprio contro gli attivisti curdi. Nel 2024, l’Iran ha registrato un aumento significativo delle esecuzioni, con almeno 901 persone giustiziate, molte delle quali appartenenti a minoranze etniche.

La storia di Pakhshan Azizi

Dopo essersi laureata in Servizio Sociale all’Università Allameh Tabataba’i di Teheran, ha lavorato come assistente sociale nel Kurdistan iracheno e nel nord-est della Siria, fornendo supporto a donne e bambini sfollati a causa dei conflitti nella regione.

Appartenente alla minoranza etnica curda, la donna è stata accusata di “ribellione armata contro lo Stato” solo in relazione alle sue attività pacifiche per i diritti umani e umanitarie.

Come racconta Amnesty International, tra il 2014 e il 2022 Azizi ha aiutato donne e bambini sfollati in seguito agli attacchi del gruppo armato dello Stato islamico e ospitati in campi nel nord-est della Siria e nella regione del Kurdistan iracheno.

Ma il 4 agosto 2023 è stata arrestata nella sua abitazione a Teheran dal Ministero dell’Intelligence iraniano. Durante la detenzione, ha subito torture fisiche e psicologiche, tra cui minacce di esecuzione e violenze, tutto per estorcerle confessioni forzate, che ha ripetutamente negato. È stata tenuta in isolamento per cinque mesi senza accesso a un avvocato o alla sua famiglia.

Durante questo periodo la donna è stata sottoposta a torture e altri maltrattamenti per costringerla a “confessare” legami con gruppi di opposizione curdi, da lei ha ripetutamente negati. All’inizio di dicembre 2023 è stata trasferita nel reparto femminile della prigione di Evin.

Il processo di Pakhshan Azizi, che si è svolto in due sessioni il 28 maggio e il 16 giugno 2024, è stato gravemente iniquo. Il suo ricorso è stato respinto dalla Corte suprema e ora, anzi, la stessa Corte suprema iraniana ha confermato la sua condanna a morte.

Amnesty e altre organizzazioni chiedono l’annullamento della condanna a morte per Pakhshan Azizi e la sua liberazione immediata e senza condizioni.

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