Rosa Luxemburg, una rivoluzionaria contro le ingiustizie sociali

«Il problema centrale di Rosa Luxemburg, il problema attorno a cui ruota tutta la sua opera teorica e anche tutta la sua azione pratica, è il problema della rivoluzione socialista». Così scrisse Lelio Basso, antifascista sotto il regime di Benito Mussolini, deputato dell'Assemblea costituente e poi parlamentare della Repubblica, introducendo gli Scritti politici di Luxemburg nel 1967, un’opera da lui stesso curata per far conoscere il retaggio di una delle più influenti rivoluzionarie del XX secolo.Figura iconica del movimento internazionale rivoluzionario, Luxemburg dedicò infatti la vita alla politica, e in particolare alla lotta contro le ingiustizie sociali all’interno di società disuguali. Non si risparmiò mai. E per questo la sua cruenta uccisione nel 1919 non ne cancellò la complessa eredità.Sulla via della militanzaRosa Luxemburg nacque il 5 marzo 1871 a Zamość, nella Polonia allora dominata dell’impero zarista russo, ultima di cinque figli di una famiglia ebrea di estrazione medio borghese. Dotata di una mente brillante, imparò fin dall’infanzia il polacco, il tedesco e il russo. Un errore medico la costrinse a rimanere immobilizzata per un anno e le lasciò zoppicante, il che non intaccò la formazione di una carattere tanto sensibile quanto, a tratti, spigoloso e combattivo. Anzi, rafforzò il suo essere insieme coriacea ed risoluta, tanto più perché donna ambiziosa in un mondo saldamente controllato dagli uomini in termini di mezzi, opportunità e autorità. Fin da giovane eccelse negli studi, diplomandosi con il massimo dei voti al liceo femminile di Varsavia. Maturò inoltre una profonda fiducia nei confronti dell’istruzione e della conoscenza come mezzi per migliorare la vita dei singoli e della collettività. A quindici anni scelse la politica e si unì al Partito marxista polacco, il Proletariat, impegnandosi contro lo zarismo. Perseguitata dalla polizia segreta, fuggì in Svizzera nel 1889, dove proseguì negli studi all’Università di Zurigo, approfondendo materie come filosofia, politica, economia e storia, laureandosi più avanti in legge e contribuendo, a distanza, alla fondazione del Partito socialdemocratico polacco. Avviò anche una relazione sentimentale con il militante marxista lituano Leo Jogiches, con il quale condivise moltissimo, e nel 1898 accettò di usare il pretesto di matrimonio fittizio con un cittadino tedesco, Gustav Lübeck, per potersi trasferire in Germania, aggirando la sorveglianza imposta sui militanti rivoluzionari non tedeschi da parte dell'autorità. Fu, per lei, l’inizio di un nuovo capitolo. Per un comunismo possibileA Berlino divenne una dirigente dell’SPD, il Partito socialdemocratico tedesco, allora il partito operaio di matrice marxista più solido e saldo d’Europa. Si distinse come teorica e come oratrice, non esitando a criticare alcune delle figure apicali del socialismo tedesco e attaccando il cosiddetto revisionismo. Si diede così, negli anni, a una frenetica ma rigorosa attività pubblicistica, editoriale, divulgativa e organizzativa; partecipando a dibattiti intellettuali e, al contempo, stando a contatto con lavoratori e lavoratrici. In Germania ebbe modo di definire la sua concezione di socialismo, immaginando una transizione progressiva e radicale tale da mutare le strutture produttive, così come i rapporti sociali e familiari. Luxemburg spinse per un’intensificazione delle lotte sociali e sindacali insistendo sul fatto che la democrazia, per i socialisti, non poteva essere un fine in sé: doveva invece essere un presupposto, un punto di partenza, un elemento propulsivo per accrescere la coscienza di classe e scardinare dall’interno il capitalismo, inteso non tanto come un sistema economico basato sul libero mercato quanto come un sistema di governo della società con lineamenti e peculiarità specifici. La fine dello sfruttamento, per Luxemburg, non sarebbe arrivata nell’attesa messianica di un singolo evento risolutivo, o dall’assalto violento alle istituzioni borghesi, ma dall’accumulo di pratiche di rivendicazione, dalla sensibilizzazione delle masse e dall’inversione dei rapporti di forza.Per Luxemburg, del resto, la lotta di classe era innanzitutto lotta per il potere. Soltanto tramite la lotta per il potere – anche se non disgiunta da battaglie più circostanziate – si poteva giungere a un allargamento del perimetro dei diritti e al riconoscimento di strati sociali di popolazione a lungo esclusi o emarginati. Indicativo, a questo proposito, fu quanto da lei affermato nel 1912 a Stoccarda, al secondo raduno internazionale delle donne socialdemocratiche, durante una discussione sul suffragio femminile. «Il risveglio politico e sindacale delle masse delle donne proletarie durante gli ultimi quindici anni – disse – è stato magnifico. Ma è stato possibile solo perché le donne lavoratrici hanno dimostrato un vivo interesse per la vita politica e le lotte parlamentari della loro classe, pur essendo prive dei propri diritti». Per Luxemburg soltanto con l’unità prole

Gen 15, 2025 - 07:03
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Rosa Luxemburg, una rivoluzionaria contro le ingiustizie sociali
Rosa Luxemburg nel 1905

«Il problema centrale di Rosa Luxemburg, il problema attorno a cui ruota tutta la sua opera teorica e anche tutta la sua azione pratica, è il problema della rivoluzione socialista». Così scrisse Lelio Basso, antifascista sotto il regime di Benito Mussolini, deputato dell'Assemblea costituente e poi parlamentare della Repubblica, introducendo gli Scritti politici di Luxemburg nel 1967, un’opera da lui stesso curata per far conoscere il retaggio di una delle più influenti rivoluzionarie del XX secolo.

Figura iconica del movimento internazionale rivoluzionario, Luxemburg dedicò infatti la vita alla politica, e in particolare alla lotta contro le ingiustizie sociali all’interno di società disuguali. Non si risparmiò mai. E per questo la sua cruenta uccisione nel 1919 non ne cancellò la complessa eredità.

Sulla via della militanza

Rosa Luxemburg nacque il 5 marzo 1871 a Zamość, nella Polonia allora dominata dell’impero zarista russo, ultima di cinque figli di una famiglia ebrea di estrazione medio borghese. Dotata di una mente brillante, imparò fin dall’infanzia il polacco, il tedesco e il russo. Un errore medico la costrinse a rimanere immobilizzata per un anno e le lasciò zoppicante, il che non intaccò la formazione di una carattere tanto sensibile quanto, a tratti, spigoloso e combattivo. Anzi, rafforzò il suo essere insieme coriacea ed risoluta, tanto più perché donna ambiziosa in un mondo saldamente controllato dagli uomini in termini di mezzi, opportunità e autorità. Rosa Luxemburg a Stoccarda nel 1907

Fin da giovane eccelse negli studi, diplomandosi con il massimo dei voti al liceo femminile di Varsavia. Maturò inoltre una profonda fiducia nei confronti dell’istruzione e della conoscenza come mezzi per migliorare la vita dei singoli e della collettività. A quindici anni scelse la politica e si unì al Partito marxista polacco, il Proletariat, impegnandosi contro lo zarismo. Perseguitata dalla polizia segreta, fuggì in Svizzera nel 1889, dove proseguì negli studi all’Università di Zurigo, approfondendo materie come filosofia, politica, economia e storia, laureandosi più avanti in legge e contribuendo, a distanza, alla fondazione del Partito socialdemocratico polacco. Avviò anche una relazione sentimentale con il militante marxista lituano Leo Jogiches, con il quale condivise moltissimo, e nel 1898 accettò di usare il pretesto di matrimonio fittizio con un cittadino tedesco, Gustav Lübeck, per potersi trasferire in Germania, aggirando la sorveglianza imposta sui militanti rivoluzionari non tedeschi da parte dell'autorità. Fu, per lei, l’inizio di un nuovo capitolo. 

Per un comunismo possibile

A Berlino divenne una dirigente dell’SPD, il Partito socialdemocratico tedesco, allora il partito operaio di matrice marxista più solido e saldo d’Europa. Si distinse come teorica e come oratrice, non esitando a criticare alcune delle figure apicali del socialismo tedesco e attaccando il cosiddetto revisionismo. Si diede così, negli anni, a una frenetica ma rigorosa attività pubblicistica, editoriale, divulgativa e organizzativa; partecipando a dibattiti intellettuali e, al contempo, stando a contatto con lavoratori e lavoratrici. 

In Germania ebbe modo di definire la sua concezione di socialismo, immaginando una transizione progressiva e radicale tale da mutare le strutture produttive, così come i rapporti sociali e familiari. Luxemburg spinse per un’intensificazione delle lotte sociali e sindacali insistendo sul fatto che la democrazia, per i socialisti, non poteva essere un fine in sé: doveva invece essere un presupposto, un punto di partenza, un elemento propulsivo per accrescere la coscienza di classe e scardinare dall’interno il capitalismo, inteso non tanto come un sistema economico basato sul libero mercato quanto come un sistema di governo della società con lineamenti e peculiarità specifici. La fine dello sfruttamento, per Luxemburg, non sarebbe arrivata nell’attesa messianica di un singolo evento risolutivo, o dall’assalto violento alle istituzioni borghesi, ma dall’accumulo di pratiche di rivendicazione, dalla sensibilizzazione delle masse e dall’inversione dei rapporti di forza.Luxemburg (a sinistra) tra i partecipanti alla scuola del partito SPD nel 1907

Per Luxemburg, del resto, la lotta di classe era innanzitutto lotta per il potere. Soltanto tramite la lotta per il potere – anche se non disgiunta da battaglie più circostanziate – si poteva giungere a un allargamento del perimetro dei diritti e al riconoscimento di strati sociali di popolazione a lungo esclusi o emarginati. Indicativo, a questo proposito, fu quanto da lei affermato nel 1912 a Stoccarda, al secondo raduno internazionale delle donne socialdemocratiche, durante una discussione sul suffragio femminile. «Il risveglio politico e sindacale delle masse delle donne proletarie durante gli ultimi quindici anni – disse – è stato magnifico. Ma è stato possibile solo perché le donne lavoratrici hanno dimostrato un vivo interesse per la vita politica e le lotte parlamentari della loro classe, pur essendo prive dei propri diritti». Per Luxemburg soltanto con l’unità proletaria e solo per mezzo dell’organizzazione politica di uomini e donne insieme si potevano infatti rompere i vari anelli «della catena della reazione che incatena le vite della gente».

L’orrore della guerra, il bivio della storia

Fin dall’inizio del novecento Luxemburg denunciò con severità la corsa all’armamento e l’espansionismo degli stati nazionali, presagendo la conflagrazione delle tensioni continentali. Nel 1913 con la sua opera principale, L’accumulazione del capitale, analizzò la relazione tra capitalismo, imperialismo e militarismo e le inevitabili future «catastrofi». Con lo scoppio della Prima guerra mondiale molti dei suoi timori si avverarono. Luxemburg si oppose non soltanto al conflitto ma anche al sostegno che l’SPD diede al governo tedesco in nome dell’unità patriottica; subordinando l’internazionalismo di classe alle ragioni del nazionalismo interno. Luxemburg giudicò quella mossa come un vero e proprio tradimento del vincolo solidaristico che avrebbe dovuto invece legare la classe lavoratrice. Non perse la convinzione, però, che una rivoluzione emancipatrice fosse davvero realizzabile. 

Nel 1916, insieme a Karl Liebknecht, figlio di uno dei fondatori dell’SPD, avvocato e teorico marxista, Luxemburg fondò perciò la Lega spartachista, un movimento rivoluzionario contrario al militarismo, ispirato al nome dello schiavo ribelle del I secolo a.C., Spartaco. Intensificò poi il suo attivismo, finendo anche in prigione, ed ebbe modo di osservare il dispiegarsi dell'esperimento rivoluzionario avviato su spinta di Vladimir Lenin in Russia. Luxemburg difese i bolscevichi, da un lato, deplorando il supporto occidentale fornito alle truppe reazionarie zariste durante la guerra civile russa. Dall’altro, però, espresse riserve sul modo d’agire dei comunisti sovietici, in special modo per la burocratizzazione e la centralizzazione del partito, per aver repentinamente costruito «la dittatura di un pugno di politici, vale a dire dittatura nel senso borghese». A suo giudizio, infatti, il proletariato doveva «creare al posto della democrazia borghese una democrazia socialista, non abolire ogni democrazia».Barricata durante la rivolta del gennaio 1919

Nel novembre 1918, mentre la Germania autoritaria dell’imperatore Guglielmo II collassava, Luxemburg e Liebknecht assistettero al moltiplicarsi delle agitazioni e degli scioperi, parteciparono alla mobilitazione che determinò il crollo del Reich e, a dicembre, furono tra i fondatori del Partito comunista di Germania (KPD). In occasione del primo congresso Luxemburg ribadì allora l’attualità del programma del Manifesto comunista di Marx ed Engels: dall’espropriazione della proprietà fondiaria fino alle imposte «fortemente progressive»; dall’abolizione del diritto di successione all’accentramento in mano dello Stato della gestione del credito e dei mezzi di trasporto; per arrivare alla statizzazione della produzione, alla moltiplicazione delle fabbriche collettive e alla creazione di «eserciti industriali», o ancora all’istruzione «pubblica e gratuita di tutti i fanciulli». Luxemburg affermò: «Il socialismo è diventato una necessità, non solo perché il proletariato non vuol più vivere nelle condizioni di vita che gli fanno le classi capitalistiche, ma anche perché, se il proletariato non adempie al suo dovere di classe e non realizza il socialismo, la rovina sovrasta su tutti noi assieme». 

Allo stesso modo, però, a pochi giorni dall’elezione per l’assemblea costituente in vista della fondazione della nuova Repubblica tedesca, Luxemburg provò ad evitare pericolosi passi falsi e sollecitò il KPD a partecipare alle elezioni per difendersi e consolidare le proprie posizioni. A suo giudizio, infatti, i comunisti avrebbero dovuto ottenere, per prevalere, l’appoggio della maggioranza del mondo del lavoro. Non riuscì a farsi ascoltare, però, e gli orientamenti prevalenti le furono contrari.

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L’epilogo

Monumento a Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, commissionato da Eduard Fuchs, leader del Partito comunista tedesco

Nel gennaio 1919, in una Germania schiacciata dal peso destabilizzante della guerra e della sconfitta, membri del Partito comunista, insieme a militanti del Partito socialdemocratico indipendente e sindacalisti rivoluzionari, alimentarono le possenti agitazioni spontanee sorte in alcuni stabilimenti produttivi di Berlino e tentarono di rovesciare il governo provvisorio a guida socialdemocratica, giudicato opportunisticamente remissivo. Dalla mobilitazione generale si originò così un effimero tentativo insurrezionale incapace di coinvolgere le unità militari. La controffensiva dell’esecutivo tedesco si abbatté senza indugi contro gli insorti per tutelare l'ordine pubblico e politico. In particolare i Freikorps, milizie paramilitari di orientamento nazionalista, per stroncare l'opposizione di sinistra repressero brutalmente la rivolta, causando tra le 150 e le duecento vittime. Il 15 gennaio 1919, Liebknecht e Luxemburg, che non aveva approvato l'insurrezione, furono scovati, catturati e portati in uno delle sedi dei Freikorps. Liebknecht venne giustiziato per primo, nel parco di Tiergarten, mentre Luxemburg fu percossa con il calcio di un fucile, trasferita su un camion e lì assassinata con un colpo di pistola alla testa, quindi gettata in un canale del fiume Spree, il principale di Berlino. Il suo corpo venne recuperato molte settimane dopo, anche se nessuno dei responsabili venne chiamato a rispondere dell’accaduto.

La fine di Luxemburg fu dunque tragica. Per lei il drammaturgo Bertolt Brecht, allora molto giovane, scrisse dei versi accorati a ridosso dell'evento, pubblicando Epitaffio: «Ora è sparita anche la Rosa rossa. Dov’è sepolta non si sa. Siccome disse ai poveri la verità / I ricchi l’hanno spedita nell’aldilà». Il corpo della rivoluzionaria venne rinvenuto solo nel maggio successivo e collocato più tardi, insieme ai resti di altri rivoluzionari, nel cimitero centrale di Friedrichsfelde, all’interno del quale l’architetto Ludwig Mies van der Rohe, nel 1926, realizzò un monumento celebrativo, poi completamente distrutto dai nazisti nel 1935. Solo a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, e con ricorrenti attenzioni, la Germania ha pienamente riscoperto l'eredità di Rosa Luxemburg, una delle protagoniste del novecento.

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