Dagli interrogatori "tortura" al ruolo di Musk, cosa ha detto Cecilia Sala a "Che tempo che fa"
Cecilia Sala a "Che tempo che fa" “Stai riuscendo a dormire?”, questa è la prima domanda che Fabio Fazio ha rivolto a Cecilia Sala, ospite a Che tempo che fa. “Aiutata, sì”, ha risposto lei. “Sono stata fortunata a stare dentro solo 21 giorni, e di conseguenza il recupero per me è stato più rapido di molte altre persone nella mia condizione. Penso per esempio a un giornalista del ‘The Washington Post’, che è rimasto in isolamento per 544 giorni”. Era attesissima l’intervista di Cecilia Sala durante la trasmissione condotta da Fabio Fazio sul Nove. Si trattava, infatti, della sua prima apparizione pubblica dopo la liberazione dall’Iran, avvenuta l’8 gennaio. Sala ha raccontato la sua detenzione nel carcere di Evin e gli sforzi diplomatici che hanno portato alla sua liberazione. Ecco i passaggi principali del suo intervento. [html][/html] Indice Il carcere di Evin: un senso di isolamento totale Gli interrogatori da incappucciata Il ruolo di Elon Musk e il contesto internazionale La libertà: “Ho fatto il sorriso più bello della mia vita” Il carcere di Evin: un senso di isolamento totale La reporter aveva già condiviso la sua esperienza nel podcast Stories di Chora Media, ma da Fazio ha fornito nuovi dettagli sulla sua detenzione, iniziata il 19 dicembre scorso, quando è stata fermata a Teheran. Ha raccontato di quando l’hanno prelevata dal luogo in cui alloggiava e del senso di isolamento totale che ha vissuto: rinchiusa in una stanza minuscola, con la luce sempre accesa, senza niente da leggere e niente da fare, con rumori terribili provenienti dai corridoi e dalle altre celle e la paura di perdere la testa. Una sorta di tortura che si alternava a interrogatori da incappucciata. “Dopo giorni di attesa mi hanno portato un libro, Kafka on the Shore di Murakami, che hanno scelto loro per me. Io all'inizio avevo chiesto il Corano in inglese perché sapevo che sarebbe stato complicato stare da sola in una cella come quella, ma mi è stato negato e così ho passato il tempo a contarmi le dita, leggere gli ingredienti sulla busta del pane…”, ha detto Sala, come riportato dal ‘Corriere della Sera’. “I rumori che arrivavano dal corridoio erano strazianti. C’era una donna che prendeva la rincorsa per sbattere la testa contro la porta e farsi male”. Gli interrogatori da incappucciata “L'ultimo interrogatorio prima della mia liberazione è durato dieci ore di seguito, con brevi pause e incappucciata”, ha spiegato la giornalista. “C'è stato un momento in cui sono crollata e mi hanno dato una pasticca per calmarmi”, ha raccontato. E poi ancora altri dettagli: “Mi interrogava sempre la stessa persona, che parlava inglese e dalle domande che mi faceva ho capito che conosceva bene l'Italia, come quando mi ha chiesto se preferivo l’impasto napoletano o romano della pizza”. Aggiungendo: “Erano persone colte. Non mi hanno mai fatto male, non mi toccavano nemmeno, mi portavano in giro con un bastone perché non li toccassi”. L’obiettivo degli interrogatori era probabilmente dimostrare che non fosse una semplice giornalista, ma una figura rilevante, per un possibile scambio diplomatico. “Io ero lì con un permesso da giornalista, avevo richiesto le interviste un mese prima. Hanno bussato alla mia camera mentre lavoravo e da quel momento non ho più potuto fare nulla, né chiamare l'ambasciata né un avvocato iraniano, nulla”. E poi il viaggio in macchina: “Ero bendata e con il viso schiacciato al sedile, ma dalla strada ho capito che mi stavano portando a Evin”. Il ruolo di Elon Musk e il contesto internazionale Durante l’intervista, Fazio ha chiesto delucidazioni sulle voci secondo cui Elon Musk potrebbe aver contribuito alla sua liberazione. “Nessuno della mia famiglia ha mai parlato con Elon Musk. Innanzitutto, diciamo che hanno provato a contattare chiunque in quei momenti e l'unica priorità dal loro punto di vista era liberarmi. Nessuno di loro ha mai parlato con Elon Musk ma Daniele Raineri, il mio compagno, ha contattato il referente di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa, e gli ha chiesto se poteva far arrivare questa notizia dalla famiglia perché non la scoprissero dai giornali”. Sala ha ricordato che i rapporti tra Stati Uniti e Iran sono interrotti dal 1979, ma una notizia uscita due mesi prima della sua detenzione sul ‘New York Times’ riferiva di un incontro tra Musk e l’Ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite. Questo ha contribuito a rendere il tycoon una figura cruciale. Nell'ìintervista c'è stato spazio anche per le preoccupazioni vissute in quei giorni: “Mi spaventava il conto alla rovescia per l'insediamento di Trump perché se fosse cominciata una guerra aperta tra l'America e l'Iran la mia situazione sarebbe diventata molto complicata da sciogliere”. La libertà: “Ho fatto il sorriso più bello della mia vita” La liberazione di Cecilia Sala, avvenuta l’8 gennaio, è stato un altro momento che la giornalista ha ricordato con emozione: “Quando mi hanno liberata non ci credevo
“Stai riuscendo a dormire?”, questa è la prima domanda che Fabio Fazio ha rivolto a Cecilia Sala, ospite a Che tempo che fa.
“Aiutata, sì”, ha risposto lei. “Sono stata fortunata a stare dentro solo 21 giorni, e di conseguenza il recupero per me è stato più rapido di molte altre persone nella mia condizione. Penso per esempio a un giornalista del ‘The Washington Post’, che è rimasto in isolamento per 544 giorni”.
Era attesissima l’intervista di Cecilia Sala durante la trasmissione condotta da Fabio Fazio sul Nove. Si trattava, infatti, della sua prima apparizione pubblica dopo la liberazione dall’Iran, avvenuta l’8 gennaio.
Sala ha raccontato la sua detenzione nel carcere di Evin e gli sforzi diplomatici che hanno portato alla sua liberazione. Ecco i passaggi principali del suo intervento.
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Indice
Il carcere di Evin: un senso di isolamento totale
La reporter aveva già condiviso la sua esperienza nel podcast Stories di Chora Media, ma da Fazio ha fornito nuovi dettagli sulla sua detenzione, iniziata il 19 dicembre scorso, quando è stata fermata a Teheran.
Ha raccontato di quando l’hanno prelevata dal luogo in cui alloggiava e del senso di isolamento totale che ha vissuto: rinchiusa in una stanza minuscola, con la luce sempre accesa, senza niente da leggere e niente da fare, con rumori terribili provenienti dai corridoi e dalle altre celle e la paura di perdere la testa. Una sorta di tortura che si alternava a interrogatori da incappucciata.
“Dopo giorni di attesa mi hanno portato un libro, Kafka on the Shore di Murakami, che hanno scelto loro per me. Io all'inizio avevo chiesto il Corano in inglese perché sapevo che sarebbe stato complicato stare da sola in una cella come quella, ma mi è stato negato e così ho passato il tempo a contarmi le dita, leggere gli ingredienti sulla busta del pane…”, ha detto Sala, come riportato dal ‘Corriere della Sera’. “I rumori che arrivavano dal corridoio erano strazianti. C’era una donna che prendeva la rincorsa per sbattere la testa contro la porta e farsi male”.
Gli interrogatori da incappucciata
“L'ultimo interrogatorio prima della mia liberazione è durato dieci ore di seguito, con brevi pause e incappucciata”, ha spiegato la giornalista.
“C'è stato un momento in cui sono crollata e mi hanno dato una pasticca per calmarmi”, ha raccontato. E poi ancora altri dettagli: “Mi interrogava sempre la stessa persona, che parlava inglese e dalle domande che mi faceva ho capito che conosceva bene l'Italia, come quando mi ha chiesto se preferivo l’impasto napoletano o romano della pizza”.
Aggiungendo: “Erano persone colte. Non mi hanno mai fatto male, non mi toccavano nemmeno, mi portavano in giro con un bastone perché non li toccassi”.
L’obiettivo degli interrogatori era probabilmente dimostrare che non fosse una semplice giornalista, ma una figura rilevante, per un possibile scambio diplomatico.
“Io ero lì con un permesso da giornalista, avevo richiesto le interviste un mese prima. Hanno bussato alla mia camera mentre lavoravo e da quel momento non ho più potuto fare nulla, né chiamare l'ambasciata né un avvocato iraniano, nulla”.
E poi il viaggio in macchina: “Ero bendata e con il viso schiacciato al sedile, ma dalla strada ho capito che mi stavano portando a Evin”.
Il ruolo di Elon Musk e il contesto internazionale
Durante l’intervista, Fazio ha chiesto delucidazioni sulle voci secondo cui Elon Musk potrebbe aver contribuito alla sua liberazione.
“Nessuno della mia famiglia ha mai parlato con Elon Musk. Innanzitutto, diciamo che hanno provato a contattare chiunque in quei momenti e l'unica priorità dal loro punto di vista era liberarmi. Nessuno di loro ha mai parlato con Elon Musk ma Daniele Raineri, il mio compagno, ha contattato il referente di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa, e gli ha chiesto se poteva far arrivare questa notizia dalla famiglia perché non la scoprissero dai giornali”.
Sala ha ricordato che i rapporti tra Stati Uniti e Iran sono interrotti dal 1979, ma una notizia uscita due mesi prima della sua detenzione sul ‘New York Times’ riferiva di un incontro tra Musk e l’Ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite. Questo ha contribuito a rendere il tycoon una figura cruciale.
Nell'ìintervista c'è stato spazio anche per le preoccupazioni vissute in quei giorni: “Mi spaventava il conto alla rovescia per l'insediamento di Trump perché se fosse cominciata una guerra aperta tra l'America e l'Iran la mia situazione sarebbe diventata molto complicata da sciogliere”.
La libertà: “Ho fatto il sorriso più bello della mia vita”
La liberazione di Cecilia Sala, avvenuta l’8 gennaio, è stato un altro momento che la giornalista ha ricordato con emozione: “Quando mi hanno liberata non ci credevo, pensavo volessero portarmi da un'altra parte, perché non si fidavano a lasciarmi lì. Ma quando, all'aeroporto militare, ho visto un uomo che non poteva non essere italiano, ho fatto il sorriso più bello della mia vita”.
Infine, alla domanda se tornerebbe in Iran, Sala ha risposto con fermezza: “Finché c'è la Repubblica Islamica no”.
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