Taylor Sheridan non dorme mai

Yellowstone, sì. Ma anche 1883 e 1923, i suoi fortunatissimi prequel. Lioness e Tulsa King, due tra le serie tv più viste in streaming nel 2024. E ancora: Mayor of Kingstown e la recente Landman, uno tra i titoli più apprezzati degli ultimi mesi. Continuiamo? Fermiamoci alle serie tv, per ora. E non scomodiamo l’altrettanto… Leggi tutto »Taylor Sheridan non dorme mai The post Taylor Sheridan non dorme mai appeared first on Hall of Series.

Gen 23, 2025 - 10:18
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Taylor Sheridan non dorme mai

Yellowstone, sì. Ma anche 1883 e 1923, i suoi fortunatissimi prequel. Lioness e Tulsa King, due tra le serie tv più viste in streaming nel 2024. E ancora: Mayor of Kingstown e la recente Landman, uno tra i titoli più apprezzati degli ultimi mesi. Continuiamo? Fermiamoci alle serie tv, per ora. E non scomodiamo l’altrettanto importante lavoro da autore portato avanti al cinema nell’ultimo decennio. L’autore è sempre lo stesso, e non si limita alla firma dei soggetti. Scrive e dirige gran parte parte degli episodi, e spesso ci recita dentro con ruoli che in gran parte dei casi superano il confine del vanitoso cameo. A questo punto, allora, una domanda sorge spontanea: Taylor Sheridan non dorme mai? La risposta, forse, è no.

Taylor Sheridan, sceneggiatore texano di 54 anni, è una figura totalizzante. Allergico ai compromessi e alle dinamiche molto hollywodiane delle writers’ room, assume sempre una centralità assoluta all’interno di tutti i progetti che sviluppa.

Un autore instancabile e appassionato che ha sovrapposto la sua vita alla sua poetica, la sua stessa esistenza ai temi che porta avanti nelle sue opere: in una parola, un cowboy. Non uno di quei ricchi annoiati che si travestono da tali, ma uno che cowboy lo è sul serio all’interno di un vastissimo ranch che gli appassionati di Yellowstone conoscono molto bene: il ranch 6666, situato nel Texas. Una terra sconfinata, grande sì e no come il territorio di Los Angeles, acquistata alcuni anni fa da Taylor Sheridan (insieme a un gruppo di investitori) per strapparla dalle grinfie degli speculatori che immaginavano altro per quel posto.

John Dutton in una scena di Yellowstone, scritta da Taylor Sheridan
Credits: Paramount

Vi ricorda qualcosa? Sì e no, una porzione significativa della trama di Yellowstone, anche se sarebbe scorretto immaginare John Dutton come se fosse una sorta di alter ego del suo creatore. Taylor Sheridan è un uomo fatto di un’altra pasta: attore di medio livello fino ai quarant’anni, si è reinventato sceneggiatore nella seconda parte della sua carriera. I ruoli da caratterista gli andavano stretti, d’altronde: Sheridan cercava di scrivere una vera storia americana, e a un certo punto capì che il suo destino da attore non l’avrebbe portato chissà quanto in alto. Da sceneggiatore, invece, ha trovato una strada a dir poco fortunata: al di là dell’impressionante mole di serie tv e film scritti, diretti e interpretati, è oggi riconosciuto come uno dei migliori autori della sua generazione.

Il segreto di Taylor Sheridan? Quello che si suggerisce a chiunque abbia voglia di scrivere qualcosa di interessante: raccontare una realtà vicina alla propria, essere parte attiva di un’esperienza, sfuggire a una pigra ricerca enciclopedica e parlare, banalmente, “di quello che si sa”.

La svolta, allora, è arrivata nel momento in cui ha lasciato Los Angeles per trasferirsi nel suo bel ranch. Lo racconta lo stesso Taylor Sheridan in una bella intervista rilasciata qualche tempo fa al The Hollywood Reporter: “Quando vivevo a Los Angeles, tutto quello che vedevo era uguale e non imparavo nulla nella mia vita quotidiana. Qui, invece ho modo di sperimentare tanto. Oggi ho ascoltato venticinque dialoghi iconici. La maggior parte delle mie grandi battute le ho sentite dire da qualcun altro, o in una versione differente. Continuo a mettere da parte storie”.

Si sovrappongono così l’esperienze e la visione di un mondo che arriva da lontano. Quella che qualcuno definirebbe “l’America profonda”, sfuggendo però alle catalogazioni più semplicistiche e alle sterili schematizzazioni. Parlare di Taylor Sheridan significa parlare di un mondo post-ideologico in cui si connettono visceralmente le note biografiche a una visione coerente e soggettiva, l’essere cowboy nella vita con le mani sporche di terra e portarne poi luci e ombre sul piccolo e sul grande schermo. Sheridan è l’uomo delle domande e del dubbio, di un’America disfatta che rivive sotto la forma di un racconto in cui la bellezza formale delle immagini e del suo sguardo sono solo una porzione dell’insieme. Le risposte sono parte di altre domande, in quest’ottica: Sheridan è fortemente politico, ma in alcun modo politicizzato.

Joe osserva la sua squadra in Lioness, scritta da Taylor Sheridan
Credits: Paramount+

Il suo è un flusso critico in cui tutto è messo in discussione, tra le fortune di un tempo e le sue contraddizioni arrivate fino a noi.

E allora lo “Sheridan repubblicano”, lo “Sheridan anti-woke” (ma persino “woke”, per i meno attenti) e lo “Sheridan della Game of Thrones da stato rosso” si scontrano con la realtà dei fatti: nessuna di queste definizioni centra davvero il punto, se non con una buona dose di (maliziosa) pretestuosità. Sheridan mette in scena nelle sue opere, anche quando prescindono dal genere neo-western di cui si è fatto uno degli interpreti principi, le storie di uomini e donne che si scontrano ostinatamente con le logiche di un mondo in cammino, troppo stretto e miope rispetto alla loro visione. Un’America ormai presente nell’immaginario comune e non più nelle cronache di tutti i giorni.

L’avevamo già evidenziato qualche tempo fa, quando dedicammo un primo articolo alla sua figura: Yellowstone, l’opera che più di ogni altra l’ha consegnato all’empireo dei grandi autori, è figlia per molti versi della sua esperienza e di quella di sua madre, proveniente da un ranch del Montana che fu poi venduto dalla famiglia. È solo un esempio del legame intenso e profondo di Sheridan con le sue opere. Ogni volta che si mette in gioco con una nuova produzione, mette dentro se stesso con l’anima e col corpo, traendo la ruvida poesia dalle ruvide esperienze quotidiane.

Ne deriva un autore che crede profondamente in tutto quello che fa, al punto da avere più di una difficoltà a collaborare con altri autori o registi. La versione più pura della sua prospettiva può arrivare solo da un coinvolgimento diretto che lo porta ad assumere una centralità assoluta (e quasi esclusiva) in ognuno dei titoli che firma.

E allora no, forse non dorme mai. La sua musa è il ranch che porta avanti con un impegno attivo spogliato d’ogni apparenza, e si legano a fondo la realizzazione del suo sogno col duro lavoro che porta avanti da diversi anni a questa parte.

Taylor Sheridan, l'autore più prolifico delle serie tv
Credits: The Hollywood Reporter

Taylor Sheridan si è messo così alla prova con numerosissime serie tv, figlie di un accordo esclusivo con Paramount. Un accordo ricchissimo col quale sta finanziando l’acquisto del ranch 6666, facendone un elemento di rilevanza assoluto nella programmazione editoriale. Un impegno coraggioso, quello di Paramount: Sheridan, d’altronde, ha incontrato sulla sua strada più di una porta chiusa – Yellowstone, per dire, fu proposta inizialmente alla HBO – e sembrava essere un alieno rispetto alle logiche televisive dell’era dello streaming. Tuttavia, lui e il network hanno dimostrato di aver ragione con la forza dei fatti: Yellowstone è diventato uno dei più grandi successi televisivi del decennio, e raramente Sheridan non porta a casa risultati di rilievo con le sue produzioni.

Lui, d’altronde, ha le idee chiarissime su tutto: chiede una libertà espressiva totale e la ottiene.

Lo dice lui stesso, spiegando perché nella già citata intervista rilasciata al The Hollywood Reporter. “Ho trascorso i primi 37 anni della mia vita a scendere a compromessi. Quando ho smesso di recitare, ho deciso che avrei raccontato le mie storie a modo mio, punto. Se non vuoi che le racconti, va bene. Dammele indietro e troverò qualcuno che lo faccia. Oppure non lo farò, e poi le leggerò in un teatro. Ma non scenderò a compromessi. Non ci sono compromessi”.

Nessun compromesso, anche sui budget:Scrivi una cosa e costa quel che costa. Non cambierò una sceneggiatura per rispettare un budget. Leggi una scena [tratta dalla splendida 1883, ndr.] in cui i carri attraversano il fiume quando hai deciso di dargli il via libera. Quindi non lanciarmi un’idea in cui li vediamo prima del fiume e dopo il fiume. Non è quello che faccio. L’hai letta, hai avuto tutte le possibilità di dire di no”.

Insomma, Taylor Sheridan è un uomo diretto e deciso, nonché un autore con una visione che affida solo a produttori capaci di dargli lo spazio necessario per agire con grande indipendenza.

Vale per Yellowstone, vale per tutte le opere che ha firmato e varrà ancora in futuro. I prossimi mesi, infatti, lo vedranno all’opera con alcune altre opere derivate dalla sua serie regina (a partire dalla seconda stagione di 1923, pronta al ritorno nel mese di febbraio) e con vari altri progetti che lo legheranno ancora a Paramount.

Non sappiamo per quanto reggerà questi ritmi, ma il legame col suo ranch sembra portarlo a doversi ancora spendere così per un po’ di tempo. I cowboy riposano sempre con un occhio aperto, e a quanto pare la regola vale anche per chi porta avanti parallelamente un’attività da autore. Noi, intanto, ce lo teniamo stretto: piaccia o non piaccia, Taylor Sheridan è un fattore fondamentale della televisione contemporanea. E il western ha ritrovato, grazie a lui, una vocazione contemporanea che molti altri stanno cercando di intercettare con tentativi più o meno riusciti. Tra i vecchi tramonti e le nuove albe, Taylor Sheridan è sempre in movimento. Per dormire, invece, ci sarà tempo in futuro.

Antonio Casu

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