Com’è la vita a Narva, quel paese estone al confine tra Russia e Nato
Narva è un paese del nord dell'Estonia, uno degli ultimi confini con la Russia ancora aperti e percorribile solo a piedi. Un piccolo paese di frontiera con un ruolo geopolitico importante.
Arrivano a intervalli regolari. Parcheggiano con il motore acceso e le luci lampeggianti, giusto il tempo per scaricare la valigia, salutare e ripartire. Chi scende da quelle auto si avvia a passo lento trascinando pacchi, bagagli, qualche busta di cibo. È la processione lenta e incessante di chi arriva alla frontiera di Narva, uno degli ultimi confini europei ancora aperti con la Russia. Uno dei valichi più sensibili alle frizioni tra la Russia e la Nato.
Siamo nell’estremità nordorientale dell’Estonia. Dall’altra parte del fiume che bagna Narva c’è la città russa di Ivangorod. Il ponte che unisce le due sponde è una lingua d’asfalto spruzzata di neve. Qui, ogni giorno, migliaia di persone attraversano a piedi questo ponte per entrare o uscire dalla Russia. Dopo aver atteso ore, al gelo, per passare la frontiera.
Uno specchio delle tensioni geopolitiche
Con i suoi sessantamila abitanti, perlopiù di etnia russa, la città di Narva rappresenta un microcosmo delle dinamiche geopolitiche che intercorrono tra la Nato e la Russia. In questa cittadina dove buona parte delle scritte sono in cirillico e sulle tavole dei ristoranti viene servito il borsch, ci si arriva dopo due ore e mezza di auto da Tallinn. La strada che conduce al confine con la Russia si srotola su una terra piatta e perlopiù disabitata. Sulla destra, sfilano campi coperti di neve e mulini a vento. Sulla sinistra, oltre il bosco, c’è il Golfo di Finlandia.
La storia travagliata di questa località, in passato contesa da Russia, Svezia e Danimarca, quasi interamente distrutta durante la Seconda guerra mondiale e poi ricostruita in pieno stile sovietico durante l’occupazione dell’Urss, ha lasciato un’eredità pesante da gestire, soprattutto dopo l’invasione russa in Ucraina. La stragrande maggioranza della popolazione, infatti, è di etnia russa. Il 96 per cento degli abitanti parla la lingua di Pushkin. E ancora oggi si registra un’ampia fetta di apolidi: gente, perlopiù anziana, che dopo l’indipendenza dell’Estonia e il crollo dell’Unione sovietica non ha voluto regolarizzare i propri documenti.
La natura slava di questa terra di frontiera rende Narva una sorvegliata speciale. Nel 2022, pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione russa, Bruxelles spedì Ursula von der Leyen in visita a Narva con la missione di donare alla contea locale di Ida-Virumaa 354 milioni di euro per diversificare l’economia – fino a qualche anno fa basata prevalentemente su miniere poi chiuse – e incoraggiare nuovi investimenti. A differenza del resto del Paese, infatti, questa regione soffre di un elevato tasso di disoccupazione: nel 2023, più del dieci per cento della popolazione di Narva risultava disoccupato, a fronte di una media estone del sei per cento.
Tuttavia, nonostante il forte legame con la lingua e la cultura russa, il sostegno al Cremlino da parte degli abitanti di Narva non è affatto scontato: molti di loro non dichiarano apertamente il proprio appoggio a Mosca, anzi guardano all’Europa come modello di sviluppo. E preferiscono mantenere lo status quo per beneficiare delle opportunità offerte dall’Estonia e dall’Ue.
Le ripercussioni della guerra in Ucraina
L’invasione russa dell’Ucraina ha avuto però forti ripercussioni anche qui, non solo perché Narva è considerata un possibile cavallo di Troia nell’ipotetico scenario di un attacco russo, ma anche perché Tallinn ha aumentato le misure per garantirsi la “fedeltà” di questo territorio russofono, controllato oggi da pochi estoni che detengono i posti di comando, come polizia e dogana.
Il terremoto della guerra, poi, si è abbattuto anche sulle tante famiglie che vivono sulle sponde opposte del fiume, oggi separate non solo dal corso d’acqua ma anche dalle restrizioni doganali che impongono tempi biblici per attraversare il ponte che unisce l’Estonia alla Russia.
Con la chiusura di buona parte dei confini europei e l’interruzione di tutti i collegamenti aerei, Narva è infatti diventato un collo di bottiglia per tutti coloro che devono entrare o uscire dalla Federazione Russa. Ogni giorno qui si ammassano migliaia di persone, e da quando il ponte di Narva è stato chiuso al traffico dei veicoli l’attesa è diventata snervante: la frontiera la si può attraversare solo a piedi, trascinando pacchi, valigie e borsoni. E la gente è costretta ad aspettare in piedi, con qualsiasi condizione meteorologica, in un’attesa che può durare anche cinque o sei ore.
L’attesa alla frontiera
Alle 18:00 di un giorno di inizio dicembre davanti al valico di frontiera di Narva ci saranno almeno un centinaio di persone. Le auto che accostano sul piazzale continuano a scaricare gente: viaggiatori stanchi con valigie e borsoni al seguito, che si uniscono alla fila di cui non si vede la fine. Tra la gente in attesa ci sono molti anziani. Se ne stanno imbacuccati dentro a cappotti di pelliccia, saltellando da un piede all’altro per scaldarsi. Non ci sono panchine né tettoie. Si fa a turno per andare a bere un caffè caldo nel bar più vicino. “Sono qui da più di tre ore. E l’attesa sarà ancora lunga – racconta a LifeGate Antonina, una signora di mezza età con un foulard di lana avvolto in testa -. Io abito qui. Mia mamma invece vive dall’altra parte del ponte. È anziana. Vado tutte le settimane a trovarla, a portarle la spesa e i medicinali. Ma ogni volta sono costretta a fare ore di attesa sotto la neve in inverno o sotto il sole cocente in estate”.
Gli ufficiali di frontiera estoni dicono che la decisione di chiudere il ponte alla circolazione delle auto è stata presa dalla controparte russa, ufficialmente per dei lavori al valico di frontiera. “Così abbiamo chiuso anche il nostro lato del ponte – ha dichiarato a LifeGate Eerik Purgel, capo dell’Ufficio delle guardie di frontiera della Prefettura orientale di Narva -. Inizialmente non ci sono state grosse differenze, perché il traffico dei veicoli era piuttosto limitato: buona parte delle persone attraversava la frontiera a piedi anche prima. Il vero cambiamento però è arrivato con l’introduzione delle sanzioni europee contro la Russia e l’intensificarsi dei controlli sui bagagli. Adesso la gente è costretta ad aspettare ore prima di poter attraversare il confine, perché si cercano le merci che non possono essere esportate in Russia, come i chip, i droni o i componenti informatici”.
Al momento in Estonia sono aperti (anche al traffico delle auto) anche i valichi di Koidula e Luhamaa, più a sud, attraversati da mezzo milione di persone tra gennaio e novembre 2024. La frontiera più gettonata resta però quella di Narva, perché più facilmente raggiungibile: nello stesso periodo dell’anno scorso, il ponte di Narva è stato attraversato a piedi da più di un milione di persone, equamente suddivise tra chi è entrato e chi è uscito dalla Russia. Si tratta perlopiù di gente che supera il confine per motivi familiari, lavorativi e affettivi.
L’attesa per chi deve attraversare il ponte si è fatta ancor più stressante da quando si è decretata la chiusura del valico nelle ore notturne. “Capita che si facciano un sacco di ore di attesa e che si debba poi tornare indietro perché nel frattempo arriva l’orario di chiusura della frontiera -. ha raccontato a LifeGate un signore in fila davanti al controllo passaporti.
“È una scelta puramente politica quella di costringere la gente ad aspettare in piedi e al freddo. Noi russofoni abbiamo sempre rappresentato un ‘segmento’ di popolazione problematico per l’Estonia. Si dice che non vogliamo imparare l’estone, che non paghiamo le tasse e così via. Ultimamente anche trovare lavoro è diventato più difficile. E adesso in epoca di guerra queste cose pesano ancora di più”.
Dall’Ufficio della polizia e delle guardie di frontiera estoni fanno sapere che chi vuole attraversare il confine a Narva deve tenere conto dei lunghi tempi di attesa. E consigliano di utilizzare anche i valichi di Koidula o Luhamaa.
Attraversamenti clandestini
Ovviamente non mancano i tentativi di immigrazione illegale, con gente che prova in tutti i modi ad attraversare la frontiera, anche senza documenti. Il caso più eclatante lo racconta Eerik Purgel, capo dell’Ufficio delle guardie di frontiera della Prefettura orientale di Narva. “Due anni fa abbiamo fermato un italiano che voleva entrare in Russia senza visto. Si è presentato al controllo passaporti con un albero di Natale in mano e una scatola di cioccolatini. Qualche ora dopo averlo respinto, dalle telecamere di sicurezza lo abbiamo visto mentre cercava di attraversare illegalmente il fiume, camminando sopra il ghiaccio che si forma in inverno. Quando siamo intervenuti per fermarlo, lo abbiamo trovato mezzo annegato: lo strato di ghiaccio sotto i suoi piedi si era rotto, e lui era finito in acqua. Lo ha salvato l’albero di Natale che portava con sé, che gli è servito da appiglio tra le lastre di ghiaccio”.
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