C’è chi sogna una Russia democratica: intervista al dissidente Kara-Murza

Il 17 novembre 2024 russi e ucraini hanno marciato insieme a Berlino per chiedere la fine della guerra. Abbiamo parlato con il dissidente Kara-Murza, attivista ed ex prigioniero politico.

Gen 23, 2025 - 10:19
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C’è chi sogna una Russia democratica: intervista al dissidente Kara-Murza

“Vogliamo che lo sentano tutti: questa non è la nostra guerra. Questo non è il nostro governo. Vogliamo vedere l’Ucraina recuperare i propri territori e i prigionieri politici uscire dal carcere”. Il dissidente russo Vladimir Kara-Murza è accerchiato dalla folla. Stringe le mani alla gente, parla con i giornalisti, autografa libri. Fino a qualche mese fa era rinchiuso in un carcere di massima sicurezza dove stava scontando una pena di 25 anni con l’accusa di alto tradimento per aver contestato l’invasione russa dell’Ucraina. Oggi è libero, grazie al maxi scambio di prigionieri avvenuto nell’agosto scorso tra Russia e Occidente. Ed è tornato a guidare i cortei di protesta, come faceva a Mosca in un passato che sembra lontanissimo.

La storia di Vladimir Kara-Murza

Il 17 novembre scorso, infatti, Vladimir Kara-Murza, attivista ed ex prigioniero politico, ha organizzato una grande marcia di protesta nel centro di Berlino insieme a Yulia Navalnaya, vedova di Aleksej Navalny, l’oppositore ucciso in carcere, e a Ilya Yashin, uno dei più noti attivisti politici di opposizione, anch’egli scarcerato ad agosto.

Dopo molto tempo, una parte della frammentata opposizione politica russa si è riunita per chiedere la fine della guerra, le dimissioni di Putin e il suo processo per crimini di guerra, e la liberazione di tutti i prigionieri politici detenuti nelle carceri russe.

Alla marcia, che si è conclusa a pochi metri dall’ambasciata russa di Berlino, hanno partecipato circa tremila persone, scese in strada con le bandiere ucraine, cartelli anti-Putin e striscioni bianco-blu, simbolo della bandiera russa privata del colore rosso del sangue versato in Ucraina. Ne abbiamo parlato con Kara-Murza.

Vladimir Vladimirovich, è la prima volta dopo molto tempo che una fetta dell’opposizione russa mette da parte le divergenze e si riunisce per sostenere una causa comune. Quale messaggio volete lanciare da Berlino?
Oggi si sono riunite migliaia di persone per dire di no alla guerra, no alla dittatura di Putin, no ai crimini di guerra che questo dittatore sta compiendo in Ucraina a nome del nostro Paese. La propaganda russa vuol far credere che tutti sostengono questa aggressione, e che tutti i cittadini russi sono a favore di questo regime. Cercano di dimostrarlo con i risultati di quelle che loro chiamano elezioni, e mostrando sondaggi che non hanno alcun valore sotto una dittatura. Sa, ci si può inventare qualsiasi risultato elettorale, si possono inventare gli esiti dei sondaggi, ma non ci si può inventare quello che abbiamo visto oggi: migliaia e migliaia di persone scese in strada qui a Berlino per dire no alla guerra, no al regime di Putin.

marcia russa kara-murza
Da sinistra, Ilya Yashin, Yulia Navalnaya e Vladimir Kara-Murza sul palco della manifestazione anti-guerra organizzata a Berlino © Lucia Bellinello

Vi aspettavate una simile partecipazione? Siete soddisfatti?
Sarò sincero, non avevo nessuna aspettativa perché non avevo mai partecipato a nessuna manifestazione fuori dalla Russia. L’ultima volta fu a Mosca. Ma è straordinario vedere tutta questa gente, non solo russi, anche ucraini. Non riuscivo a vedere la fine di questo mare di persone. Ho visto tanti volti luminosi: è questa la faccia della vera Russia. 

Cosa vorrebbe dire a coloro che si trovano in Russia?
Le rispondo ricordando il messaggio lanciato oggi dal palco della manifestazione da Maksim Reznik, ex deputato di San Pietroburgo: ci siamo riuniti qui non solo a nome nostro, ma a nome di un’enorme quantità di nostri connazionali che si trovano in Russia e che non possono manifestare, perché là si viene condannati a lunghi periodi di detenzione anche per la minima forma di protesta. Ricordo che oggi in Russia c’è un numero record di prigionieri politici [secondo il progetto indipendente per i diritti umani Odv-info, sarebbero almeno 2.930 le persone perseguitate per motivi politici, il 20 per cento di loro sono donne; circa 1.400 di queste persone sono attualmente dietro le sbarre, ndr]. Per questo, vorrei ricordare ai nostri connazionali che noi siamo qui oggi – come si dice dalle nostre parti – “za sebya i za togo parnya”, ovvero a nome nostro e a nome di tutti coloro che non possono manifestare. E voglio sperare che la voce di tutta questa gente che si è riunita a Berlino si senta fino in Russia.

marcia russa
La manifestazione anti-guerra organizzata da una parte dell’opposizione russa a Berlino © Lucia Bellinello

Pochi giorni fa, il 15 novembre, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato per circa un’ora al telefono con Vladimir Putin. Si tratta del primo contatto tra Russia e Germania negli ultimi due anni, avvenuto su iniziativa di Scholz, che avrebbe chiesto a Putin di ritirare l’esercito dall’Ucraina e avviare delle trattative di pace. Cosa ne pensa di questa telefonata?
La storia, e soprattutto la storia tedesca, ci insegna che l’appeasement non funziona con i dittatori. La guerra di oggi in Ucraina è in buona parte il risultato di una politica di appeasement portata avanti dai leader occidentali di vari schieramenti nei confronti del governo di Vladimir Putin. L’unica lingua che capiscono i dittatori è quella della forza. E credo che sia davvero simbolico il fatto che pochi giorni dopo quella telefonata, l’esercito russo abbia condotto uno degli attacchi più massicci dall’inizio della guerra. È un chiaro segnale che un appeasement con un dittatore non è una buona idea. 

C’è chi spera che si possa arrivare a un accordo di pace con Putin…
Vede, coloro che oggi in Occidente invocano una sorta di accordo con Putin, sono coloro che vorrebbero tornare a fare affari come prima. Rivendicano la pace, ma ciò vorrebbe dire semplicemente rimandare il problema. E fra qualche mese o fra qualche anno ci ritroveremo qui a parlare di un’altra guerra, di un’altra invasione. Perché i dittatori non capiscono il linguaggio dei compromessi e degli appeasement. Vladimir Putin non si fermerà finché non ci sarà qualcuno a fermarlo. E bisogna fermarlo adesso. 

Cosa risponde a chi sostiene che l’opposizione non stia facendo abbastanza per contrastare Putin?
Ho ricevuto una condanna a 25 anni di carcere per aver parlato pubblicamente contro i crimini di guerra che l’esercito russo sta compiendo in Ucraina. Ilya Yashin è stato incarcerato per lo stesso motivo. Come dicevo, ci sono più prigionieri politici nella Russia di oggi che nell’Unione sovietica. E il numero sta aumentando. E in un certo senso sono orgoglioso che ci siano così tanti cittadini russi che si sono espressi contro questa guerra criminale, anche a costo della loro stessa libertà.

Cosa dovremmo aspettarci adesso dall’opposizione russa? Quali saranno i prossimi passi?
Sa, non so neanche quanto sia corretto utilizzare il termine “opposizione”: opposizione è una parola che fa parte del sistema democratico. I rappresentanti dell’opposizione discutono negli studi televisivi, siedono in parlamento, partecipano alle elezioni. Oggi nel nostro paese gli oppositori politici del regime di Putin o sono stati uccisi, come Boris Nemtsov e Aleksej Navalny, o sono in carcere, o sono costretti a vivere fuori dal proprio paese. Indipendentemente dalle parole che si utilizzano, resta il fatto che tantissimi cittadini russi si dicono contrari a questa dittatura e alla guerra, ed è molto importante far sentire la loro voce. Vogliamo vedere la nostra amata Russia diventare un paese normale, un paese democratico europeo. E non ho nessun dubbio che lo possa diventare.

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