Uva italiana al veleno: cos’è l’acetamiprid, il pesticida killer delle api che portiamo a tavola con la frutta
La troviamo nel banco frutta con molta facilità ormai tutto l’anno, ma quanto è sicura la l’uva che portiamo in tavola (soprattutto quella fuori stagione)? Fino a 19 residui di fitofarmaci in un solo campione, tra cui soprattutto l’acetamiprid. È quanto emerge da una nuova indagine dell’Agenzia per il controllo chimico-veterinario di Stoccarda, che ha...
La troviamo nel banco frutta con molta facilità ormai tutto l’anno, ma quanto è sicura la l’uva che portiamo in tavola (soprattutto quella fuori stagione)? Fino a 19 residui di fitofarmaci in un solo campione, tra cui soprattutto l’acetamiprid.
È quanto emerge da una nuova indagine dell’Agenzia per il controllo chimico-veterinario di Stoccarda, che ha analizzato 64 campioni di uva da tavola, evidenziando una preoccupante presenza proprio di acetamiprid, oltre ad altri pesticidi.
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Tra i 18 campioni di origine italiana, alcuni contenevano fino a 19 diversi residui di fitofarmaci in un solo campione, segno di un uso intensivo di trattamenti chimici. Questo pone, ancora una volta, interrogativi sia sulla sicurezza alimentare sia sull’impatto ambientale dell’uso eccessivo di fitofarmaci.
Lo studio
Tra gennaio e ottobre 2024, gli studiosi hanno preso in esame 64 campioni, di cui 61 provenienti da agricoltura convenzionale e tre biologici, alla ricerca di residui di oltre 750 pesticidi e contaminanti.
Tra questi, 18 campioni convenzionali e uno biologico (quasi il 30% del totale) provenivano dall’Italia, seguita da Sudafrica (12) e Turchia (10).
Dai risultati è emerso che l’uva da tavola di origine extra UE ha in media più pesticidi di quella europea: con 1,9 mg/kg, il livello medio di residui per l’uva da tavola proveniente da Paesi terzi è significativamente superiore a quello dell’uva da tavola proveniente dagli Stati membri dell’UE (0,57 mg/kg).
In tutti i campioni convenzionali, inoltre, non solo erano presenti pesticidi, ma ogni campione conteneva anche i residui di più sostanze, anche fino a otto principi attivi, con un massimo di 19 in un singolo prodotto. E la causa di tutto ciò è semplice da capire: la produzione di uva da tavola richiede spesso il ricorso a fungicidi e insetticidi, perché le viti sono particolarmente sensibili agli attacchi di funghi, come oidio e peronospora, e parassiti, tra cui la tignola e le cicaline. Tra i pesticidi identificati più frequentemente c’è l’acido fosfonico, nell’82% dei campioni (50) con livelli fino a 36,4 mg/kg. Nelle uve da agricoltura biologica, invece, non ci sarebbero residui.
Acetamiprid, gli effetti sulle api
L’acetamiprid è un insetticida neonicotinoide ampiamente usato in agricoltura, a partire proprio dalla coltivazione dell’uva da tavola, per il controllo di afidi, tripidi e altri insetti dannosi. Tuttavia, il suo impiego è controverso a causa dei potenziali effetti negativi sugli impollinatori, in particolare le api, e delle implicazioni per la salute umana.
I neonicotinoidi, tra cui appunto l’acetamiprid, sono infatti noti per la loro azione neurotossica sugli insetti. Sebbene l’acetamiprid sia considerato meno dannoso rispetto ad altri neonicotinoidi come il imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam (già vietati in Ue per uso all’aperto), studi suggeriscono che possa comunque avere effetti negativi sulla salute delle api, interferendo con l’orientamento e il comportamento di foraggiamento.
L’acetamiprid è considerato meno tossico per l’uomo rispetto ad altri pesticidi della stessa classe, e ha un limite massimo di residuo (LMR) fissato dalla normativa UE. Tuttavia, la presenza contemporanea di molteplici fitofarmaci su un unico campione di uva solleva interrogativi sulla possibile azione sinergica di queste sostanze chimiche, un aspetto ancora poco studiato.
Regolamentazione in Europa, verso restrizioni più severe, ma l’Italia?
Al momento l’acetamiprid è autorizzato in Europa, ma diversi Paesi stanno valutando restrizioni più severe. Ad esempio:
- la Francia ha già imposto limiti rigorosi all’uso di neonicotinoidi, incluso l’acetamiprid
- in Germania e altri stati UE si discute una possibile revisione della normativa per limitarne ulteriormente l’uso.
- l’Italia lo consente, e addirittura è ammesso nei disciplinari del “Sistema di Qualità Nazionale” (SQN), un marchio pubblico per i prodotti agroalimentari
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