In Italia un omosessuale su dieci è stato vittima di violenza

Per il rapporto sullo stato dei diritti in Italia, l'odio verso la comunità lgbtqia+ si sta aggravando: oltre i numeri, una testimonianza diretta.

Gen 20, 2025 - 16:17
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In Italia un omosessuale su dieci è stato vittima di violenza
  • In Italia più della metà delle persone omosessuali evita di tenere la mano del proprio partner in pubblico e ha subito molestie, quando non violenze vere e proprie.
  • Negli ultimi due anni sono aumentati i cosiddetti discorsi d’odio nei confronti della comunità lgbtqia+, anche da parte della politica.
  • Matteo e Stephano, i giovani aggrediti a Capodanno a Roma, raccontano la loro disavventura e spiegano perché, oggi, gli omosessuali in Italia non sono sufficientemente tutelati.

In Italia, nel 2025, più della metà delle persone omosessuali (per la precisione il 53 per cento) evita di tenere la mano del proprio partner in pubblico e ha subìto molestie (51 per cento). Alcuni di loro, il 10 per cento, anche qualche forma di violenza negli ultimi cinque anni. Non solo, il 18 per cento dichiara di aver subìto pratiche di conversione con lo scopo di cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Sono dati contenuti nel rapporto sullo stato dei diritti in Italia, pubblicato da pochissimi giorni da A Buon Diritto Onlus, che ricorda anche come, sul tema del riconoscimento dei diritti delle persone lgbtqia+, l’Italia si conferma stabile nella sezione bassa della Rainbow Map redatta da Ilga-Europe. La percentuale dei diritti riconosciuta si attesta infatti al solo 25,41 per cento, e l’Italia si inserisce nella classifica al trentacinquesimo posto su 49 Paesi monitorati, tra l’altro scendendo di due gradini nella classifica nell’ultimo anno.

La violenza paradigmatica contro Matteo e Stephano 

Ne sanno qualcosa Matteo e Stephano, due giovani che la notte di Capodanno, in un quartiere periferico ma neanche troppo di Roma, sono stati aggrediti mentre rientravano a casa, mano nella mano appunto, dopo i festeggiamenti per l’inizio del nuovo anno: due ragazzi comuni, finiti improvvisamente sotto i riflettori loro malgrado, ma che in qualche modo hanno deciso di trasformare quella disavventura in una avventura, quella di farsi portavoce di un messaggio per il contrasto all’omofobia. Dicendo a tutti, tra l’altro, che chiunque di noi, può contribuire a cambiare le cose. “Siamo persone normali, che fanno lavori comuni – racconta Matteo – : io sono un cameriere, Stephano un badante. Ma chiunque se vuole, può fare qualsiasi cosa, può cambiare le cose”.

Matteo e Stephano erano tra quel 51 per cento che in passato aveva subito molestie, ora sono tra quel 10 per cento che ha subito violenze per il loro orientamento sessuale: “Episodi di omofobia ci erano già capitati ma non così gravi: ci insultavano, ma qualsiasi gay e qualsiasi lesbica è ormai abituata da una vita a cose che ci fanno da sempre”. Eppure “viviamo in una società libera, ma la libertà non va a braccetto con la violenza: si sta sbagliando a pensare che la libertà ti permette poi di poter usare la violenza”. Parole dette di getto ma suffragate anche queste dai dati: l’agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea, nel suo terzo sondaggio sugli standard di tutela, racconta di come le soggettività lgbtqia+ continuino a subire violenze omolesbobitransfobiche motivate da odio e da discriminazione; sul web, i tweet contenenti hate speech rivolti alle persone lgbtqia+ rappresentano l’8,78 per cento del totale dei tweet negativi rilevati dallOsservatorio italiano sui diritti Vox, e nel 2023 (per l’anno scorso non sono ancora disponibili i dati) sono stati registrati 133 episodi di omolesbobitransfobia, un numero che ovviamente non tiene in considerazione gli episodi non denunciati, verosimilmente molto maggiori.

Nella legislatura precedente a questa, in Parlamento, era stato forte il dibattito sulla proposta di legge Zan contro l’omofobia, che si poneva l’obiettivo di introdurre delle aggravanti per le aggressioni di matrice omo e trans-fobica, come già succede per esempio per quelle di matrice religiosa o etnica, e il pensiero di Matteo e Stephano in proposito è chiaro: “È una cosa che dovrebbe essere ripresa e riportata alla fine: da quello che abbiamo capito per approvare una legge ci vuole una settimana circa, quindi non ci vorrebbe nemmeno tanto tempo per far passare una cosa che realmente tutela degli esseri umani, contro questo tipo di aggressioni e che mette un’aggravante soprattutto contro quelle di tipo omofobo”. Il ragionamento di Stephano per dimostrare che c’è una lacuna oggi è semplice: “Io non sono italiano. Se fossi stato aggredito da solo si sarebbe potuto parlare di una violenza a sfondo razziale, perché non sono bianco. E invece così non c’è alcuna aggravante…”.

Ma giovani come Matteo e Stephano si fidano della politica di oggi? “Della politica non lo so” ammette Matteo, e anche in questo caso è difficile dargli torto: sempre secondo il rapporto di A Buon Diritto “non può essere ignorato il tenore del linguaggio politico adottato dall’attuale governo, oltre al chiaro posizionamento ideologico della maggioranza che ben poca speranza lascia in termini di maggiore riconoscimento di diritti per le persone lgbtqia+”. E il clima di odio e discriminazione che emerge chiaramente anche dal Barometro dell’Odio redatto da Amnesty International, che denunciava come già in campagna elettorale da parte dell’attuale maggioranza non siano mancati hate speech e attacchi alle persone gay o trans. Una luce di speranza e umanità, in questa storia, per fortuna alla fine c’è: “Delle forze dell’ordine che ci stanno seguendo adesso, come Carabinieri o la polizia in generale, ci fidiamo – aggiunge Matteo – Abbiamo denunciato subito e abbiamo trovato da parte loro un bellissimo appoggio”.

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