Gustave Doré, così la litografia divenne arte
Il 23 gennaio 1883 un infarto pose fine alla vita di Gustave Doré, forse l'illustratore più famoso di tutti i tempi. La sua morte fu tanto fulminea quanto prodigiosa era stata la sua vita da illustratore. L'opera di Doré è infatti intimamente legata ad autori universali del calibro di Milton, Dante, Shakespeare e Cervantes. La sua inesauribile creatività lo consacrò come uno dei più brillanti e prolifici disegnatori del XIX secolo, forse uno degli ultimi artisti romantici della storia.Tuttavia, Doré non si limitò ai soli lavori d'incisione, ma dimostrò il suo talento artistico anche in altri campi, come la pittura a olio, l'acquerello e persino la scultura. L'eredità di Gustave Doré è giunta fino ai nostri giorni, influenzando persino il grande schermo. Per esempio, il regista e attore Terry Gilliam (un tempo membro dei geniali Monty Python) non ha esitato a dichiarare la sua profonda ammirazione per l'artista francese, ispirandosi alla sua opera per creare gli ambienti ricchi e barocchi delle sue pellicole.Da caricaturista a illustratoreNato a Strasburgo il 6 gennaio 1832, Gustave Doré mantenne per tutta la vita uno stretto legame con la madre, che lo sostenne sin dal primo momento. La donna riteneva infatti che il figlio avesse il talento di un genio. Il padre, al contrario, non condivideva l'entusiasmo della moglie per le doti artistiche del figlio e volle iscrivere Gustave alla scuola politecnica. Tuttavia, il giovane diede presto ragione alla madre.A quindici anni iniziò una brillante carriera come caricaturista, sotto la guida dell'editore parigino Jacques Phillipon, trasformandosi progressivamente in illustratore professionista. Gustave si guadagnò rapidamente un'ottima reputazione grazie ai suoi lavori come illustratore delle opere letterarie di autori come Dante e Balzac, arrivando persino ad accettare la sfida di illustrare la Bibbia e l'Inferno di Dante nel 1860. Entrambi i lavori riscossero un tale successo da permettergli di inaugurare la Doré Gallery a Londra e di accumulare una notevole fortuna.Il giovane iniziò una brillante carriera come caricaturista, trasformandosi progressivamente in illustratore professionista. Si guadagnò rapidamente un'ottima reputazione grazie ai suoi lavori come illustratore delle opere letterarieNel 1854 Doré realizzò il suo primo libro illustrato, composto da 103 disegni. Fu una commissione del giornalista Paul Lacroix, intitolata Rabelais. Quello fu il punto di partenza che trasformò Doré in un illustratore instancabile e nell'autore d'incisioni per opere come Gli allegri racconti di Balzac (1854), La Divina Commedia (Inferno, 1861; Purgatorio e Paradiso, 1868) di Dante, Le avventure del barone di Münchhausen di Rudolph Eric Raspe (1862), La Sacra Bibbia (1865) o Il Paradiso perduto di Milton (1867), tra le altre.In breve tempo le sue opere vennero pubblicate in quasi tutte le lingue europee, persino in ebraico. Per realizzare le sue illustrazioni, a differenza di altri artisti, il disegnatore francese studiava a fondo le scene, si documentava sugli abiti dell’epoca e analizzava persino le pose di ogni personaggio.La Londra vittorianaNel 1869 Doré iniziò una collaborazione con il giornalista britannico Blanchard Jerrold, che aveva in mente un progetto per realizzare un racconto illustrato della Londra di metà epoca vittoriana. L’intento era quello di offrire un ritratto fedele della miseria e delle privazioni quotidiane vissute dalla popolazione della capitale.Come dichiarò in seguito Jerrold, per portare a termine quel lavoro, spesso i due uomini furono costretti a farsi scortare da poliziotti in borghese, poiché trascorsero molti giorni e molte notti visitando bassifondi e fumerie d’oppio e avventurandosi in strade mal illuminate, dove a ogni angolo potevano imbattersi in situazioni spiacevoli. Sia Doré sia Jerrold rimasero profondamente colpiti dalla miseria che osservarono con i propri occhi, ma anche speranzosi che alcune condizioni potessero essere risolte con un minimo di buona volontà da parte delle autorità.Nel 1869 Doré collaborò con il giornalista britannico Blanchard Jerrold al progetto per realizzare un racconto illustrato della Londra di metà epoca vittorianaTutte quelle illustrazioni, insieme al racconto di Jerrold, videro la luce nel 1872 con il titolo London, a Pilgrimage (Londra, un pellegrinaggio). Sebbene all’epoca Doré fosse già un illustratore affermato (guadagnava diecimila sterline per un contratto quinquennale), alcuni detrattori criticarono l’opera sostenendo che non fosse stata disegnata direttamente sul campo, mancando quindi di rigore. Va ricordato che a Doré non piaceva disegnare sotto lo sguardo attento della gente, e che per questo in effetti trascurò alcuni dettagli. Anche il testo di Jerrold non sfuggì alle critiche, e venne definito da alcuni come superficiale. Nonostante ciò, le 180 incisioni di Doré furono un successo commerciale grazie alla loro straordinaria qualità.Negli anni sessanta dell’ottocento Doré illustrò un’edizion
Il 23 gennaio 1883 un infarto pose fine alla vita di Gustave Doré, forse l'illustratore più famoso di tutti i tempi. La sua morte fu tanto fulminea quanto prodigiosa era stata la sua vita da illustratore. L'opera di Doré è infatti intimamente legata ad autori universali del calibro di Milton, Dante, Shakespeare e Cervantes. La sua inesauribile creatività lo consacrò come uno dei più brillanti e prolifici disegnatori del XIX secolo, forse uno degli ultimi artisti romantici della storia.
Tuttavia, Doré non si limitò ai soli lavori d'incisione, ma dimostrò il suo talento artistico anche in altri campi, come la pittura a olio, l'acquerello e persino la scultura. L'eredità di Gustave Doré è giunta fino ai nostri giorni, influenzando persino il grande schermo. Per esempio, il regista e attore Terry Gilliam (un tempo membro dei geniali Monty Python) non ha esitato a dichiarare la sua profonda ammirazione per l'artista francese, ispirandosi alla sua opera per creare gli ambienti ricchi e barocchi delle sue pellicole.
Da caricaturista a illustratore
Nato a Strasburgo il 6 gennaio 1832, Gustave Doré mantenne per tutta la vita uno stretto legame con la madre, che lo sostenne sin dal primo momento. La donna riteneva infatti che il figlio avesse il talento di un genio. Il padre, al contrario, non condivideva l'entusiasmo della moglie per le doti artistiche del figlio e volle iscrivere Gustave alla scuola politecnica. Tuttavia, il giovane diede presto ragione alla madre.
A quindici anni iniziò una brillante carriera come caricaturista, sotto la guida dell'editore parigino Jacques Phillipon, trasformandosi progressivamente in illustratore professionista. Gustave si guadagnò rapidamente un'ottima reputazione grazie ai suoi lavori come illustratore delle opere letterarie di autori come Dante e Balzac, arrivando persino ad accettare la sfida di illustrare la Bibbia e l'Inferno di Dante nel 1860. Entrambi i lavori riscossero un tale successo da permettergli di inaugurare la Doré Gallery a Londra e di accumulare una notevole fortuna.
Il giovane iniziò una brillante carriera come caricaturista, trasformandosi progressivamente in illustratore professionista. Si guadagnò rapidamente un'ottima reputazione grazie ai suoi lavori come illustratore delle opere letterarie
Nel 1854 Doré realizzò il suo primo libro illustrato, composto da 103 disegni. Fu una commissione del giornalista Paul Lacroix, intitolata Rabelais. Quello fu il punto di partenza che trasformò Doré in un illustratore instancabile e nell'autore d'incisioni per opere come Gli allegri racconti di Balzac (1854), La Divina Commedia (Inferno, 1861; Purgatorio e Paradiso, 1868) di Dante, Le avventure del barone di Münchhausen di Rudolph Eric Raspe (1862), La Sacra Bibbia (1865) o Il Paradiso perduto di Milton (1867), tra le altre.
In breve tempo le sue opere vennero pubblicate in quasi tutte le lingue europee, persino in ebraico. Per realizzare le sue illustrazioni, a differenza di altri artisti, il disegnatore francese studiava a fondo le scene, si documentava sugli abiti dell’epoca e analizzava persino le pose di ogni personaggio.
La Londra vittoriana
Nel 1869 Doré iniziò una collaborazione con il giornalista britannico Blanchard Jerrold, che aveva in mente un progetto per realizzare un racconto illustrato della Londra di metà epoca vittoriana. L’intento era quello di offrire un ritratto fedele della miseria e delle privazioni quotidiane vissute dalla popolazione della capitale.
Come dichiarò in seguito Jerrold, per portare a termine quel lavoro, spesso i due uomini furono costretti a farsi scortare da poliziotti in borghese, poiché trascorsero molti giorni e molte notti visitando bassifondi e fumerie d’oppio e avventurandosi in strade mal illuminate, dove a ogni angolo potevano imbattersi in situazioni spiacevoli. Sia Doré sia Jerrold rimasero profondamente colpiti dalla miseria che osservarono con i propri occhi, ma anche speranzosi che alcune condizioni potessero essere risolte con un minimo di buona volontà da parte delle autorità.
Nel 1869 Doré collaborò con il giornalista britannico Blanchard Jerrold al progetto per realizzare un racconto illustrato della Londra di metà epoca vittoriana
Tutte quelle illustrazioni, insieme al racconto di Jerrold, videro la luce nel 1872 con il titolo London, a Pilgrimage (Londra, un pellegrinaggio). Sebbene all’epoca Doré fosse già un illustratore affermato (guadagnava diecimila sterline per un contratto quinquennale), alcuni detrattori criticarono l’opera sostenendo che non fosse stata disegnata direttamente sul campo, mancando quindi di rigore. Va ricordato che a Doré non piaceva disegnare sotto lo sguardo attento della gente, e che per questo in effetti trascurò alcuni dettagli. Anche il testo di Jerrold non sfuggì alle critiche, e venne definito da alcuni come superficiale. Nonostante ciò, le 180 incisioni di Doré furono un successo commerciale grazie alla loro straordinaria qualità.
Negli anni sessanta dell’ottocento Doré illustrò un’edizione francese dell’opera di Cervantes Don Chisciotte della Mancia composta da 370 disegni, perlopiù di grande formato, nei quali riuscì a combinare magnificamente fantasia e quotidianità nello stile più autentico di Cervantes. Nessuno, fino a oggi, è riuscito a sottrarre al disegnatore francese la paternità dell’iconica immagine del celebre hidalgo.
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L’eterno Gustave Doré
L’ultimo lavoro di Doré fu realizzato nel 1883 per un’edizione di lusso del racconto Il Corvo dello scrittore statunitense di storie dell’orrore Edgar Allan Poe. Nel corso della sua vita l’artista francese produsse oltre diecimila incisioni, oggi ammirabili nella maggior parte delle biblioteche di tutto il mondo.
Doré esplorò anche altre discipline artistiche, come la pittura, in cui si distinguono i suoi tenebrosi dipinti a olio ispirati agli orrori della guerra franco-prussiana (1870-1871), o la scultura, tra cui spicca la sua straordinaria opera Il poema del vino, un enorme vaso di bronzo decorato con intricate scene di carattere bacchico, realizzato tra il 1877 e il 1872.
Doré esplorò anche altre discipline artistiche, come la pittura, in cui si distinguono i suoi tenebrosi dipinti a olio ispirati agli orrori della guerra franco-prussiana
Non c’è dubbio che l’opera di Doré contenga un forte elemento "cinematografico", che lo rende un precursore in questo ambito. Il maestro degli effetti speciali di Hollywood Ray Harrihausen dichiarò in un’intervista: «Gustave Doré sarebbe stato un grande direttore della fotografia […] guarda le cose dal punto di vista della cinepresa». Questo aspetto è evidente nei film di animazione del regista californiano Tim Burton, che attingono all’opera di Doré per ricreare la Londra che l’artista aveva rappresentato nelle sue tavole quasi un secolo e mezzo prima.
Allo stesso modo, è innegabile che l’iconografia biblica di Doré o le sue immagini dell’inferno dantesco si siano impresse nella memoria collettiva e siano state portate sul grande schermo da numerosi cineasti nel corso dei decenni, come omaggio a un genio senza tempo.
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