Conosciamo le Solar Mamas, le donne di Zanzibar che portano l’energia solare dove non esisteva

In un villaggio circondato da palme e case di fango, all’ombra dei cieli di Zanzibar, una donna china su fili rossi e neri taglia con precisione la guaina di plastica. Si chiama Sharifa, e insieme ad altre tre donne sta installando un impianto solare nella casa di un vicino. Con un misuratore di tensione fra...

Gen 15, 2025 - 13:09
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Conosciamo le Solar Mamas, le donne di Zanzibar che portano l’energia solare dove non esisteva

In un villaggio circondato da palme e case di fango, all’ombra dei cieli di Zanzibar, una donna china su fili rossi e neri taglia con precisione la guaina di plastica. Si chiama Sharifa, e insieme ad altre tre donne sta installando un impianto solare nella casa di un vicino. Con un misuratore di tensione fra le labbra e un cacciavite in mano, collega cavi e trasforma quell’abitazione in un piccolo presidio di energia pulita e affidabile.

Scene come questa, poco tempo fa, sarebbero state inimmaginabili. Nell’arcipelago al largo della costa della Tanzania, infatti, solo la metà dei quasi due milioni di abitanti ha accesso all’elettricità. I costi di allacciamento, la mancanza di infrastrutture e i livelli di istruzione spesso bassi, soprattutto per le donne, rappresentano ostacoli difficili da superare.

Oggi, però, ci sono le “Solar Mamas” – un gruppo di donne formate per diventare tecniche solari e portare la luce dove la rete elettrica non arriva. La loro storia è l’ennesima prova di come l’energia rinnovabile possa garantire non solo un beneficio ambientale, ma anche un riscatto sociale.

Secondo quanto riferito al Guardian da Brenda Geofrey, direttrice dei programmi del Barefoot College Zanzibar, “molte opportunità non raggiungono queste donne”. Geofrey ha raccontato come l’iniziativa miri a cambiare la mentalità di chi è abituato a un ruolo esclusivamente domestico: «Vogliamo far capire a queste mamme che possono essere professioniste».

Il Barefoot College, organizzazione comunitaria locale, ha avviato un programma di tre mesi dedicato a donne che non hanno ricevuto un’istruzione scolastica avanzata. Ospitate nel centro di Kinyasini, studiano impianti fotovoltaici dai componenti elettronici fino alla posa dei pannelli sui tetti di lamiera. Al termine della formazione, ogni partecipante riceve dal governo di Zanzibar un certo numero di kit solari da installare nelle abitazioni dei propri villaggi.

Le donne, spesso indicate come “mamme” per la loro età e il ruolo che ricoprono in famiglia, iniziano a viaggiare, installando e riparando sistemi solari casa per casa. «Le Solar Mamas hanno contribuito a dare potere alla nostra gente fornendo loro elettricità, che è un servizio sociale molto importante», ha spiegato al Guardian Juma Burhan, direttore esecutivo della Zanzibar Economic Empowerment Agency.

Ciò che colpisce è l’effetto domino generato dal progetto: le donne imparano un mestiere, creano reddito e diventano vere e proprie punti di riferimento all’interno del tessuto comunitario. In un Paese dove la maggior parte degli abitanti vive senza luce, passare dal carbone o dalla paraffina alla tecnologia solare significa migliorare le condizioni di salute e sicurezza, riducendo al contempo i costi energetici.

Hussein, 44 anni e madre di cinque figli, ha installato l’energia solare in tre case del suo villaggio. Ha studiato fino al secondo anno di scuola secondaria, ma ammette di non aver mai immaginato di poter diventare una “professionista” della luce. Eppure eccola, con cacciavite e pannello fotovoltaico, pronta a offrire alle famiglie un futuro più luminoso.

Oltre all’aspetto formativo, emerge la sfida alla mentalità patriarcale che tende a relegare le donne in ambito domestico, senza concedere loro la possibilità di esplorare lavori più tecnici. Due ricercatrici della Chalmers University of Technology in Svezia, Helene Ahlborg e Kavya Michael, citate dal Guardian, hanno definito questo programma come un metodo per “abbattere gli stigmi e le barriere sociali”, mostrando che anche persone prive di istruzione formale possono diventare competenti e leader nella comunità.

Un esempio di questa leadership lo si vede sul campo, quando Solar Mama Arafa Khamis, scalza e con l’hijab ben fermo sul capo, sale su una scala di legno per fissare un pannello solare sul tetto di lamiera di un’abitazione. Mentre la collega Zuleha le passa i fili da collegare, la proprietaria della casa attende trepidante il momento di accendere la lampadina. Basta un semplice click e la stanza si riempie di luce bianca. La reazione è un sorriso senza riserve: i figli potranno studiare di sera, il cellulare si potrà caricare in casa senza dover chiedere aiuto ai vicini.

Con questa iniziativa, l’arcipelago di Zanzibar è diventato un piccolo faro nella lotta alla povertà energetica in Africa orientale. Secondo i dati del Barefoot College, dal 2015 al 2025 sono già 65 le donne formate in ingegneria solare, capaci di collegare quasi duemila abitazioni in una trentina di villaggi. Una vera rivoluzione a base di pannelli fotovoltaici, cacciaviti e trecce colorate, condotta dal basso e supportata dal governo.

Nel frattempo, l’obiettivo dichiarato è quello di proseguire l’espansione di questi corsi, coinvolgendo anche donne di altri Paesi come Malawi e Somaliland. Spesso, le prime coorti di “diplomate” diventano a loro volta formatrici per le nuove generazioni, creando un circolo virtuoso che fa leva sul passaparola e sulla fiducia che si instaura tra gli abitanti dei villaggi.

La forza del progetto sta proprio nella semplicità della formula: piccoli impianti fotovoltaici, rate mensili sostenibili per le famiglie, professioniste locali che conoscono il territorio e i bisogni della comunità. Da un lato, si riducono le emissioni inquinanti, e dall’altro si costruisce un solido percorso di emancipazione femminile.

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